Una storia d’amore e di vita straordinaria

Queste nostre righe nascono dall’esigenza di testimoniare, a quanti vorranno leggerle, l’esperienza mia e di mio marito come genitori di Francesco, nato con la trisomia 21.

Quando una donna che desidera essere madre scopre che di là a poco coronerà il suo sogno, incomincia a riversare sulla creatura che porta in grembo le aspettative migliori: che il suo bimbo sia sanissimo, magari che da grande diventi un adone, e che sarà straordinariamente intelligente, anzi geniale.

Quando al 5° mese di gravidanza scopri che il tuo bimbo avrà la sindrome di Down, quelle stesse aspettative, inevitabilmente, vengono spazzate via da un dolore che sa di tsunami e che, come tale, ti travolge in pieno, sradicando dalla tua anima tutti i sogni che vi avevi riposto.

Improvvisamente, ti piomba addosso un turbinio di sentimenti ed emozioni che non avevi mai provato e che non è possibile a tutt’oggi descrivere a parole.

Ti ritrovi a piangere per buona parte della giornata, la notte ti svegli di soprassalto e per un attimo credi di aver sognato tutto. Ma il mattino apri gli occhi e ti senti addosso la stessa angoscia, lo stesso identico sgomento con cui ti eri addormentata. Il dolore aumenta di giorno in giorno e tu non riesci a comprenderne la motivazione. La domanda che ti perseguita fino a quando non ti riaddormenti è: Perché? Continui a chiederti come sia potuto succedere e, soprattutto, per quale motivo è successo proprio a te che un figlio, tra l’altro il terzo, lo desideravi tanto.

E allora perché decidere di mettere al mondo un figlio “down”?

Semplice: perché è tuo figlio, un figlio desiderato, cercato, voluto fino all’inverosimile al di là di tutto, al di là di una qualsivoglia diagnosi. Io e mio marito siamo sempre stati convinti del fatto che la vita umana, in qualunque forma si presenti, va tutelata, difesa, ma soprattutto amata.

La nostra avventura ha avuto inizio alla tredicesima settimana di gestazione quando, su consiglio del ginecologo, decidemmo di eseguire l’esame della translucenza nucale e il bitest. La prima risultava essere perfettamente nella norma, mentre il secondo rivelò un’alterazione per la trisomia13/18. Fu immediato l’invito del medico a farmi sottoporre all’amniocentesi, vissuta nella convinzione che qualora fossero venute fuori delle malformazioni sul feto, avremmo girato il mondo per curarle in fase prenatale. Presagivamo senza parlarne che qualcosa non sarebbe andato per il verso giusto, ma sia io che mio marito ci affidammo con fede a Dio, aspettando quell’esito che incombeva sulla nostra famiglia come una spada di Damocle. I giorni passavano e alla fine venimmo a conoscenza della diagnosi nel peggiore dei modi, credo, telefonicamente.

Ricordo di essermi inginocchiata e di aver gridato “no, no, no”, non so per quanti minuti.

Col passare dei giorni (cinque giorni dopo sarebbe stato Natale), ad eccezione di pochissimi, quanti apprendevano della diagnosi ci invitavano a riflettere, a pensarci bene perché “queste sono decisioni importanti – dicevano – da cui non puoi tornare indietro”.

Qualcuno ci ha messo in guardia, dicendoci “a fin di bene” che ce ne saremmo pentiti e che avremmo messo al mondo solo un infelice. Sembrerà paradossale, ma queste affermazioni, anziché farci sprofondare ancor più nell’angoscia, rafforzavano le nostre posizioni e nel contempo la nostra fede in Dio.

Mi sono aggrappata con ostinazione all’ipotesi che poteva esserci stato uno scambio di provette perché, vittima io stessa di pregiudizi e stereotipi, non riuscivo ad “accettare” che mio figlio potesse essere “diverso” e trascorrere così una vita penosa.

Spero si sbaglino – mi dicevo – in caso contrario farò la volontà di Dio, perché anche se in questo momento non la comprendo, c’è sempre una motivazione dietro a ciò che Lui permette che accada. Ho trascorso mesi a ricercare su internet notizie sull’attendibilità dell’amniocentesi. Ho letto di qualche caso in cui la diagnosi era sbagliata e ho continuato a sperare in quest’ipotesi benché sapessi che era molto, molto remota. Erano tanti gli elementi che non mi tornavano: la traslucenza era nella norma, il bi-test mi dava tranquillità per la trisomia 21 e, soprattutto, dal punto di vista ecografico non erano evidenziabili anomalie o patologie a carico degli organi, né altri segni riconducibili alla sindrome.

Non prendevo pace. Ho sperato tanto, ma dentro di me sentivo che le cose avrebbero preso una piega diversa rispetto alle mie aspettative.

L’idea di interrompere la gravidanza, tuttavia, non mi ha mai sfiorata perché io amavo già il mio bambino e lo volevo disperatamente. Sentivo Francesco muoversi dentro di me e trasmettermi la forza di andare avanti. Solo quando ho stretto il mio bimbo tra le braccia ho ritrovato la felicità che pensavo di non riuscire più a provare.

Sembrerà strano ma nessuno di noi, in famiglia, ha mai visto quella “diversità”che immaginavamo prima.

La diversità viene fuori quando c’è almeno un secondo termine di paragone.

Francesco è semplicemente Francesco, un bambino normalissimo (d’altronde cos’è la normalità?) con un affascinante aspetto orientaleggiante.

UNASTORIASTRAORDINARIA2

Abbiamo senz’altro attraversato l’inferno, pieno di se, di ma e di perché ma la sua nascita, il momento stesso in cui lo abbiamo visto e abbiamo potuto stringerlo a noi, ci hanno restituito quella serenità che rappresentava l’anticamera della felicità attuale.

Francesco ha segnato per noi il passaggio da una vita “ordinaria”, antecedente al suo concepimento, a una nuova dimensione di vita che potremmo definire “straordinaria”.

Ci sta insegnando a rallentare in un mondo in cui tutti vanno di corsa, a elargire sorrisi quando tutti drammatizzano, a cogliere la vita così come viene senza programmi né scadenze, ad accogliere con serenità l’imprevisto.

E’ una vita che sa di semplicità, di genuinità, in cui si apprezzano tanti aspetti che nella vita precedente, abbiamo dato per scontati e che ora, invece, hanno per noi un valore inestimabile.

Samuele e Chiara, i nostri primi due figli, hanno desiderato e accolto il fratellino con quel trasporto e quell’amore privo di condizionamenti che solo i bambini sanno provare.

In questo momento non abbiamo certezze sul futuro ( ma chi di noi può averne o chi può dire di vivere una vita priva di problemi a 360°?) se non quella che adoriamo indistintamente i nostri figli i quali ci danno giorno per giorno l’input per trasformare le preoccupazioni e i dubbi in uno strumento di forza, capace di abbattere le barriere del pregiudizio.

Con l’aiuto di Dio e di tutti coloro che Egli metterà sul nostro cammino, abbiamo fiducia di realizzare tre progetti di vita.

Confidiamo sempre nel Signore, il quale non permette mai che i suoi figli affrontino prove che essi non possano sopportare.

Noi siamo stati fortunati, tanto. Siamo una famiglia unita e non ci sentiamo affatto soli perché Francesco ci ha fatto conoscere degli amici “speciali”, con i quali condividiamo speranze, sogni, progetti di vita.

Se qualcuno volesse contattarci può farlo ai seguenti recapiti:

3284794340 oppure 3281530172.

Il nostro indizzo e-mail è rosettaveltri@tiscali.it oppure cristianmassimiliano@tiscali.it

Rosetta Veltri e Cristian Pallone

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